04 ottobre 2006

Bronto


Mastodontico e infinitamente pesante.
Così si sentiva da giorni il vecchio Bronto.
Un canuto, logoro, indefinito essere.
Dal sembiante di mostro, più che di antiquato e decrepito, stanco animale.

Guidato da uno strano istinto
che nemmeno lui avrebbe saputo spiegare
si era avventurato con passo stanco
alla ricerca di un mondo
che il suo sguardo offuscato
confondeva tra nebbie moleste e malsane.

Col respiro affannato
e le zampe tremolanti e gonfie
di infinita fatica e profondo dolore
pur senza sapere dove
né tanto meno perché
inizio a camminare…

Confuso dalle ombre scure
trasportate dal vento di tempesta
col suo peso immane
fu colto da folle raptus
e nel correre verso il destino
non s’accorse delle creature
che le sue zampe immense
calpestavano con forza tale
da riuscirle a schiacciare…

Un albero fu abbattuto
dalla sua marcia senza fine
ed il boato del crollo
occultò al suo udito
ma non al suo cuore
lo straziante scricchiolio di ossa
violentemente macinate
dalla furia di una notte
senza luna e senza stelle
e con un buio
più da rabbrividire che da dimenticare…

E nel lamento delle ossa amiche
spezzate nell’eco del suo impotente stupore
Bronto comprese che il suo viaggio
era senza una fine
che non fosse la logica soluzione
d’una vita virtuale stanca
che si consumava nel candore
di un mondo scomparso
che il suo istinto animale
non aveva dubitato di riconoscere
come i primi tristi lamenti
d’un corteo funebre
che l’avrebbe condotto
in un luogo di riposo eterno
dove la sua anima
liberata del corpo appesantito dal tempo
e dal grigio pallore
d’un riflesso senza fine
avrebbe finalmente ritrovato
la leggerezza e la speranza
che proprio in quel mondo
aveva scoperto capaci
di donargli ali di farfalla
in grado di sorreggerlo nel cielo di una vita
nuova e ricca
d’emozioni e d’amore
in cui, finalmente,
poteva volare…

2 Comments:

At giovedì, 05 ottobre, 2006, Anonymous Anonimo said...

Posso senz'altro sbagliarmi, ma nelle tue parole, cos' gravide di nostalgia e intrise di amarezza, sento affiorare qualche senso di colpa: ti accusi di avere involontariamente abbattuto l'albero sotto il quale si sono schiantate ossa amiche. Anche a me quell'amico caduto in sacrificio nella notte di furia, brividi (e incomprensioni, stanchezza, parole forse non sufficientemente meditate, malintesi che hanno assunto le proporzioni di condanne irrevocabili), quell'amico manca moltissimo. Era anche sua la luce che rendeva più smaglianti i colori e più nitidi i contorni del mondo perduto. Riusciranno i miei occhi a adattarsi alla penombra? I nostri occhi?
Un abbbraccio,
Melitta

 
At domenica, 05 novembre, 2006, Anonymous Anonimo said...

Non l'avevo capito neanch'io...sarà che Bronto e la sua fine mi avevano affascinato di per sé.
Ma guarda che non è morto nessuno, nessuno si è estinto e l'era glaciale non è ancora arrivata.
Siamo ancora in tempo.
Salutoni!

 

Posta un commento

<< Home