19 agosto 2006

La parte oscura


La finestra è chiusa.
Chiusa sul mondo intero che s’insinua indesiderato, come penombra, tra le fessure della tapparella.
Sdraiato, con gli occhi serrati, invento un buio assoluto e penso.
O forse vedo.
Un soffitto, bianco come un incomprensibile passato, mi opprime con la sua mole.
Sembra avvicinarsi.
O forse volermi schiacciare.
Un brivido.
Paura o forse freddo.
Sotto la schiena una gommapiuma che diventa marmo.
Duro e ghiacciato.
Vibra violento fin dentro le ossa.
Che tremano, fino al punto di scricchiolare.
Nel petto una grancassa feroce, ruggisce la sua rabbia asincrona e fuori tempo.
Gli occhi, serrati nel buio, affogano di lacrime represse.
In testa, solo il desiderio di vivere.
E la paura di morire.
O forse desidero morire.
Affranto dal terrore di vivere.

E questa la chiami vita?

Una voce.
Attraversa la mia mente.
La solita voce.
Col suo eco stridente, riverbera in me.
Da sempre.
O almeno da quando son capace di ricordare.
Una voce nella mia mente.
Una voce che non appartiene a me.
E non è nemmeno la sola…
Fingo di non sentire.
A volte svanisce.
Non spesso.
Solo a volte.
Magari poche volte.
In un lunga vita.

E questa la chiami vita?

Non ascolto.
Sdraiato sul marmoreo altare sacrificale travestito da letto.
Non sono una vittima predestinata.
Per un rito che non comprendo ma che sembra far comunque parte della mia vita.

E questa la chiami vita?

Sono solo fantasie.
Non c’è nessuno che mi parla.
La finestra è chiusa, su venti metri di baratro nel vuoto.
La porta…
La porta è blindata.
Corazzata.
Dodici centimetri d’acciaio.
E due serrature a doppia mappa con chiavi ricifrabili.
Tanto per esser certi che il mondo resti fuori.
Nessuno può passare di lì.
Almeno non senza una bomba.
O un bulldozer.
Quindi non c’è nessuno qui.
Nessuno che mi possa parlare.
Nessuno che minacci la mia vita.

E questa la chiami vita?

Silenzio…

E questa la chiami vita?

Ancora silenzio…
Poi, una risata sorda mi rimbomba dentro…

Guarda che è inutile che fingi di non sentirmi…
Lo so perfettamente che mi senti.
Eccome se mi senti…
No, non ti sento.
E comunque non voglio sentirti!
Non mi senti…
Però mi rispondi.
Discuti con me.
Sempre che l’argomento non ti faccia paura, vero?

Stai zitta!
Non posso.
Lasciami in pace!
Non voglio.
Deciditi per lo meno!
Non puoi o non vuoi?
Cosa?
Lasciarmi vivere in pace.
Non posso e non voglio…
E poi, questa la chiami vita?

No, non la chiamo vita!
Non lo so come la chiamo.
Ma se tu stessi zitta, forse…
Forse?
Forse mi sembrerebbe più normale.
Normale…
Ma se tu non ne hai mai voluto sapere niente delle cose normali…

Ma che cazzo ne sai tu di me?
Di quello che voglio?
Di quello che sento…
Cosa ne so, io?
Tutto!
Io c’ero, ci sono, ci sarò.
Sempre.

Non sai un cazzo!
E se sai non capisci.
O fingi di non capire.
Cosa?
Che io non ti voglio!
Perché?
Perché hai sempre confuso i miei pensieri.
Con le tue domande idiote.
Con il tuo sarcasmo saccente.
Con la tua invadenza.
Hai guastato la mia vita!
E questa la chiami vita?
Vaffanculo! Ti odio!
Vattene dalla mia testa!
E questa la chiami vita?

Vuoto.
Sento tanto vuoto.
E freddo.
Non posso muovermi.
Inchiodato su questo marmo gelido, da una forza suprema.
Paralizzato, svuotato di ogni volontà.
Fatico a respirare.
Mentre una mandria impazzita di cavalli zoppi attraversa la mia carne, calpestandomi furiosamente l’anima con gli zoccoli di piombo.
Fatico a respirare.
Scosso fin nel midollo.
Affogo nelle lacrime esplose su rantoli e vagiti gutturali.
Unico possibile urlo per un essere disperso tra frustrazione e rabbia.
Mentre ansimo e singhiozzo.
Immobile eppure percosso da convulsioni che stritolano lo stomaco.
Percuotono il diaframma.
Schiaffeggiano le pulsazioni asimmetriche del rullante che batte, affannato e tachicardico, ogni singolo istante di tempo che sia parte di me.
Annientano ogni pensiero cosciente.
Annientano me.
Rubandomi tutta la forza ed il tempo di cui ti servi per vivere te…

E questa la chiami vita?
Basta! Non ce la faccio più!
E questa la chiami vita?
Ho bisogno di aiuto…
Io sono qui.
Non ti voglio!
Ci sono solo io.
Non è vero!
Ci sono solo io, qui!
Vattene!
Ci sono solo io…
Lasciami solo.
Non posso.
Ti prego.
Non posso.
Ti odio.
Non posso.
Non vuoi?
Non posso.
Perché?
Perché io sono te!

Io sono te!
Tu sei…
Te
Me

La parte oscura di te…

Bugiardo!
Lo vorrei urlare.
Ma non ho fiato.
Non ho forze.
Non ho certezze.
Solo dubbi e brividi.
E nel vuoto immenso del silenzio
l’eco di una frase

La parte oscura di te…

Apro gli occhi che bruciano di pianto.
Non so quanto tempo sia passato.
Un lenzuolo sudato fascia strette le mie gambe.
Mentre un cuscino di lacrime evapora lentamente, come rugiada in un assolato mattino.
La mia saliva sembra esser composta di ferro fuso.
Ne sento il sapore metallico che mi disgusta.
Almeno non scotta…
Ho un po’ di nausea.
E uno stormo di picchi, che ha nidificato nella mia testa.
E batte, batte, batte…
Voglio alzarmi.
Lo faccio di scatto.
E la stanza mi barcolla intorno.
Cado seduto sul letto che non sembra più di fredda pietra.
Sembra assurdo, ma ora è addirittura morbido.
E caldo…
Mi alzo.
E stavolta il mondo rimane fermo al suo posto.
L’aria è grigia e densa, col suo odore d’anidride carbonica e polverosa carta.
La nausea è più forte.
Apro la finestra.
E l’aria del mondo soffoca la mia, cancellandone ogni traccia.
Odore di catrame, asfalto, inquinamento…
Ma anche di alloro e di resina di pino.
Sembra aria del mattino.
La tapparella sale timida.
E la luce madreperlacea del giorno invade la stanza.

La parte oscura di te.

Un brivido, mi percorre la schiena.
Avverto una presenza.
Dietro di me
(dentro di me)
Trattengo il respiro.
Mi volto di scatto e vedo…
Nessuno.
Vedo.
Non vedo.
Niente.

Sospiro e abbozzo un passo.
E proprio lì, ai miei piedi si muove…
Un ombra.
La mia ombra…

Un ghigno si dipinge sul mio volto.
Non lo vedo.
Ma posso sentirlo nascere e crescere.
Difficile chiamarlo sorriso.
Eppure, nonostante tutto lo è…

L’ombra, no!
Lei non sorride.
Anzi, non sa nemmeno ghignare…
Esiste solo per rappresentare tutta la luce del mondo che brilla per me.
Eppure esiste.
Soprattutto nel buio.
La posso sentire.
Ombra tra le ombre.
Nutrirsi delle paure.
Nascoste nelle infinite pieghe
della parte oscura di me.

18 agosto 2006

Un sorriso


un lungo viaggio
fatto di tanti passi
spesso piccoli e svelti
talvolta immensi e lenti
soste penose
e balzi disperati
spinti verso l’ignoto
da un motore così potente
che brucia voracemente
il carburante di quella vita
di serena gioia condivisa
nel vuoto dello spazio immenso
che separa il rarefatto
indispensabile
respiro comune
che equilibra e solidifica
due vacillanti e solitarie
anime divise a metà

un lungo viaggio
verso un sogno
che fatica a solidificarsi
investito da un esplosione di realtà
difficile da contrastare
quando il buio si fa fitto
e la direzione confusa
i passi si rincorrono
in un cerchio che sembra senza fine
ed il senso di vuoto
procura ansia e vertigini
violente e feroci
mentre ci si attorciglia senza meta
in una parvenza di tempo stanco
che non somiglia affatto
a niente che sembri degno
di chiamarsi ancora vita

un lungo viaggio
un grande speranza
e la certezza di avere come traguardo
una vita migliore
in cui poter vivere quell’amore
che svuota le ore lontane
per riempire un tempo
finalmente unito
di vibrazioni e sguardi
che raccontano del vero senso
dell’essere ancora dolcemente umani
in un mondo di fantasmi
e osceni mostri neri
che solo con gli occhi dell’anima
è possibile riconoscere
o anche solo vedere…
e nel buio profondo
come uno specchio infrangibile
un sorriso
forse un po’ stanco
ma sincero e sentito
riflette in eterno
l’unica folgorante luce
che brilla solo perché
esiste un noi
tra te
e me